Da un romanzo del genere normalmente ci si aspetterebbe di incontrare personaggi positivi, espressioni di nobili valori e sani principi, che lottano e si battono contro le ingiustizie per vedere alla fine trionfare l’amore. Non è questo il caso. Faber e Katharina sono nazisti, convinti sostenitori del Führer, che non si fanno alcuno scrupolo a combattere una battaglia che sembra andare contro ogni logica (che si tratti di far razzia nelle case degli ebrei o di veder morire al fronte un fratello per la giusta causa della grande Germania). Certo, Faber e Katharina amano, soffrono, hanno paura, vivono emozioni umane, ma non si prova alcuna empatia per loro, perché in realtà si fanno coinvolgere solo quando qualcosa li tocca da vicino.
Attraverso brevi descrizioni e dialoghi serrati, con capitoli che alternano la vita di Katharina e quella di Faber, l’autrice riesce benissimo nell’intento di descriverci la “banalità del male” attraverso la storia di due ragazzi che sembra voler riflettere la perdita di identità e di morale della Germania di quel periodo.
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